COME SCEGLIERE IL GIUSTO TAPPO PER IL TUO DISTILLATO

Tutti i consigli firmati Tapì per la scelta del giusto tappo per il tuo prodotto

Scegliere il giusto tappo a chiusura del proprio distillato è tutt’altro che semplice. Sono molteplici le variabili da considerare, a partire dalla tipologia di prodotto che si intende realizzare fino ad arrivare al target di riferimento.

Prima di vedere singolarmente tutti questi parametri, però, è necessario fare un piccolo passo indietro. Un tappo non è solo una chiusura fine a sé stessa, ma deve essere in grado di conservare il liquido senza incidere sul gusto e sull’aroma. Inoltre, essendo parte integrante del packaging non può e non deve essere lasciato al caso, ma deve essere esteticamente coerente con gli altri elementi e con il messaggio che si intende trasmettere ai propri potenziali clienti.

Fatto questo inciso, vediamo assieme come scegliere il giusto tappo per il proprio distillato premium o super premium.

Il tipo di prodotto

La prima variabile da tenere in considerazione è proprio la tipologia di distillato che si intende produrre. Nel caso di liquori e spirits la barriera all’ossigeno non è il fattore determinante, ma deve comunque essere in grado di tutelare la bottiglia da eventuali sollecitazioni esterne, come per esempio le alte temperature. Questo fenomeno specifico merita un’importante considerazione, in quanto è possibile che con il caldo il liquido si dilati, aumentando la pressione presente nello spazio tra il liquido e la chiusura, alzandola e provocando danni estetici e perdite di contenuto. Inoltre, come già anticipato in fase introduttiva, un tappo deve sempre garantire l’assenza di interferenza con il liquido, oltre che contribuire all’estetica generale del prodotto.

Nel segmento dei distillati premium e super premium, cosiddetti “tappi a T” garantiscono il perfetto bilanciamento tra estetica e prestazione tecnica. E proprio in questa categoria Tapì ha creato e rafforzato il suo posizionamento da oltre 20 anni. Questa tipologia di chiusure possiede questo nome proprio in virtù della sua forma, in quanto dotate di gambo, che va ad inserirsi all’interno del collo della bottiglia e di testa, ovvero l’esterno che non entra in contatto con il liquido.

Questa sua composizione permette la produzione di teste in qualsiasi materiale. Legno, plastica, alluminio, ceramica sono tra i più utilizzati in Tapì, ma possiamo anche ideare progetti speciali su richiesta, o utilizzare metodi di produzione innovativi, come per esempio Abor che prevede il recupero degli scarti di distillazione per la creazione della chiusura del prodotto stesso. Ovviamente, tutto può essere personalizzabile a livello di colore, stampe, incisioni, rilievi, laserature, marchiature a fuoco e con inserti di vario genere.

Per quanto riguarda il gambo, anche in questo caso i materiali possono essere diversi: quelli da noi più utilizzati sono polimeri (o bio-polimeri) sintetici, ideali per evitare problematiche di cessione del materiale, cosa che può capitare ad esempio con il sughero abbinato a degli spirits chiari.

L’alcool, fungendo da solvente, è in grado di estrarre dal sughero una grossa quantità di polifenoli, in particolar modo tannini, che possono arrivare a dare un colore giallastro al liquido trasparente, rovinando così il prodotto.

Ecco, quindi, che il gambo in sintetico resta tra i più utilizzati. Questo non significa che il sughero non sia adatto alla produzione del gambo per i tappi a T, anzi, in Tapì lo utilizziamo soprattutto quando si tratta di spirits scuri e generalmente invecchiati. In alternativa, come sempre c’è la via di mezzo che, in questo caso specifico, si chiama micro-agglomerato. Questa soluzione “ibrida” è una sorta di compromesso tra il sughero e il materiale sintetico.

Il contesto e pubblico di riferimento

Come già anticipato, il tappo è un elemento molto importante che compone il packaging. Nel segmento di mercato relativo agli spirits premium e super premium è quindi importante scegliere una chiusura che sappia ben coniugare la funzionalità al design. Ed ecco, quindi, che entrano in gioco le variabili del contesto e del pubblico di riferimento.

Questo concetto, in particolare, si sposa con la percezione qualitativa del prodotto. Il packaging, nel suo complesso, è una leva di acquisto molto importante, per questo è importante che i singoli elementi che lo compongono siano tra di loro coerenti ed esprimano messaggi importanti da parte del brand.

Per esempio, un distillato prodotto con metodi sostenibili, materie prime selezionate e particolarmente attaccato alla stessa natura del proprio territorio di origine potrebbe utilizzare una chiusura creata attraverso Abor, il processo produttivo ideato da Tapì che consente il recupero degli scarti di distillazione altrimenti destinati allo smaltimento. In questo modo si aprirebbero molte porte allo storytelling, ovvero al racconto del prodotto a partire dalla sua origine, senza dimenticare l’altissimo valore dato dal concetto di green design alla base del metodo di produzione. Allo stesso tempo, un prodotto posizionato nel segmento luxury, con un packaging elegante e raffinato, può ben sposarsi con un tappo dalla testa in ceramica, magari decorata con effetto craquelè.

Il contesto, quindi, come abbiamo compreso, è davvero importante per posizionare al meglio un prodotto all’interno della propria nicchia di mercato e la percezione di valore trasmessa al pubblico è altresì fondamentale per decretare, o meno, il successo di un liquore o distillato.

La bottiglia

La scelta del giusto tappo dipende anche dalla bottiglia che racchiuderà il distillato. Al fine di ottenere una tenuta maggiore, il modo migliore per prendere una decisione è quello di testare alcuni campioni direttamente sulla bottiglia piena.

Se non si ha questa possibilità diventa necessario partire dai progetti tecnici del vetraio produttore della bottiglia, in genere allegati al momento dell’acquisto.

Queste indicazioni, generali, garantiscono la massima tenuta evitando fuoriuscite di liquido. Ovviamente esistono altri fattori che possono influenzare la selezione, come per esempio la conformazione dell’imboccatura della bottiglia. Per questo motivo, il consiglio di provare una campionatura, prima di procedere con la scelta, resta basilare.

In conclusione

I consigli sopra riportati sono delle indicazioni fornite in base alla nostra esperienza. Ad ogni modo, suggeriamo di valutare tutti gli elementi e fattori coinvolti: bottiglia, tipologia di prodotto, livello di riempimento e packaging nel suo complesso.

Contattaci per avere una consulenza da un nostro manager di zona.

INTERVISTA AD ALFRED BASHA, PROFESSIONE ILLUSTRATORE

A tu per tu con l’illustratore Alfred Basha, alla scoperta della sua storia e del suo stile

Alfred Basha è un illustratore dalla visione profondamente onirica, che si ispira alla natura selvaggia per la maggior parte dei suoi progetti. Già attivo nel settore beverage, con importanti collaborazioni di livello internazionale.

Proprio per questo motivo abbiamo deciso di farvelo conoscere meglio attraverso qualche domanda dedicata al suo lavoro.

Innanzitutto, ti ringraziamo per averci concesso questa intervista. Alfred chi è? Presentati ai lettori di Tapì.

«Il mio nome è Alfred Basha e sono nato nel 1990 a Kruje: una cittadina di montagna ed intrisa di storia, a circa 40 km da Tirana. Sono arrivato in Italia con i miei genitori nel 2002, quando avevo 12 anni, e qui abbiamo ricominciato la nostra nuova vita.

Ho sempre avuto una passione sfrenata per il design. Proprio per questo motivo, mi sono laureato in Design Industriale del prodotto, all’Università IUAV di Venezia. Poco dopo ho iniziato a lavorare nel campo ma, purtroppo, mi sono accorto che non era quello che desideravo fare da “grande”.

Il mio lavoro di illustratore ha preso vita per caso, proprio durante l’università. Ai tempi stampavo a mano delle t-shirt da me disegnate e le vendevo ai miei amici ad un prezzo simbolico per ripagarmi le spese. Le richieste iniziavano ad aumentare man mano e ho iniziato a vendere e spedire in punti vendita presenti in tutta Italia. Così è nato Alfred Basha, un brand di t-shirt casual realizzate con i miei disegni.

Dopo aver aperto un profilo Instagram per promuovere i miei lavori, mi è arrivata una mail da parte del team della piattaforma per richiedermi un’intervista da integrare a quelle di altri artisti emergenti. Sicuramente è stata la svolta che stavo aspettando. Nonostante fossi un semplice autodidatta, in una sola notte ho guadagnato 13.000 follower in più: persone davvero interessate ai miei disegni e alle mie interpretazioni. Questo mi ha permesso di crearmi uno spazio nel mondo dell’arte ed è stato il trampolino di lancio per tutto quello che è venuto dopo.

Attualmente sono presente sul web, con il mio sito, e sui social network Instagram (che mi ha portato grande fortuna) e Pinterest, dal quale mi sono arrivate la maggior parte delle richieste di collaborazione, mondo del beverage.»

Quando e perché ti sei avvicinato al mondo beverage? Qual è stato il tuo primo lavoro in questo settore e su quali altri hai lavorato o stai attualmente lavorando?

«La mia prima collaborazione con il settore beverage è nata circa 3 anni fa, nel 2017. La Boon Rawd Brewery, multinazionale thailandese famosissima per la sua birra Shinga, mi ha contattato perché stava per lanciare la Snowy Weizen, una Hefeweizen innovativa per quello specifico mercato e desiderava una mia illustrazione da stampare sulle lattine. Dopo un’attenta consulenza hanno scelto la rappresentazione di un orso, il mio disegno più famoso ed apprezzato. Questa esperienza mi ha aperto un nuovo mondo e sono infatti arrivate altre richieste di collaborazione. Ho lavorato con alcune aziende vitivinicole della Napa Valley, in California, per particolari personalizzazioni sui loro prodotti, con altre imprese sempre nel mondo vino e con Hine, una delle aziende più antiche di Cognac. Attualmente sto portando avanti un progetto impegnativo e stimolante: il coordinamento e la creatività per la produzione delle etichette da apporre su una nuova gamma di distillati analcolici per un brand californiano.»

Quando intraprendi un progetto nuovo, quali sono gli step del processo, dal momento del brief, fino alla conclusione dell’opera? 

«Gli step sono molto lineari e, in genere, seguo un percorso ben preciso. Prima di tutto è fondamentale il confronto con il cliente, al fine di produrre un brief con i punti chiave e capire l’esatto desiderio sul prodotto finale.

Una volta ricevute le focus keyword sulle quali concentrarmi, inizio a fare ricerche online e offline, per lo più su libri di illustrazioni vintage, che mi servono per prendere quanta più ispirazione possibile per svolgere il lavoro al meglio. Una volta che mi sono fatto un’idea, procedo con la realizzazione di alcune bozze che vado poi a sottoporre al cliente. Individuiamo poi la bozza sulla quale lavoro per finalizzare il progetto e portare a termine l’illustrazione arricchendola di tutti i dettagli.»

La maggior parte delle tue illustrazioni sono legate alla natura wild, cosa rappresenta per te?

«In realtà, quella della natura selvaggia è la direzione che ho voluto prendere su Instagram per farmi riconoscere. Essendo io autodidatta, come anticipato in precedenza, mi piace sperimentare e muovermi verso diverse tipologie di stili e tecniche, così da essere quanto più versatile possibile e realizzare, su carta, l’esatto desiderio del committente. Proprio per questo motivo stavo pensando di rifare il mio sito web e mostrare, almeno in parte, questa mia versatilità

L’idea di mostrare su Instagram solo illustrazioni legate alla natura nasce dal mio desiderio di inserirmi in un determinato mondo. Avendo origini albanesi ed essendo nato in un paese di montagna, a volte sento come l’istinto di rappresentare il luogo in cui sono nato e gli animali che vivono in questi territori. Orsi, falchi e lupi: tutti esseri selvatici, liberi e che non devono nulla a nessuno. Di loro amo l’idea che non sono schiavi della vita e del sistema in cui vivono e, quando rappresento queste figure su carta, per me significa catapultarmi in un altro mondo che rappresenta l’assoluta libertà

Se avessi la possibilità di intraprendere una nuova collaborazione nel mondo beverage, su quale prodotto ti piacerebbe sperimentare la tua arte? E perché?

«Mi piacerebbe poter affacciarmi al mondo spirits, contesto che è sicuramente affine a quello che faccio in termini di creatività, ricerca stilistica e story-telling dei prodotti. Gli spirits hanno un gusto forte, un po’ come la natura, e per me sarebbe sicuramente una sfida importante.

Entrando più nel dettaglio, ho sempre avuto il desiderio di intraprendere una collaborazione con un brand per l’ideazione dell’immagine di un liquore o un amaro erbaceo e speziato, un sapore forte che ben si sposa con la mia passione e la mia essenza.»